Trasferimento fittizio della residenza all’estero

October 31, 2018

Residenza fiscale e sentenza n.1159/2/18
Commissione tributaria regionale Toscana

Recentemente con la sentenza n. 1159/2/18 del 12 Settembre 2018, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana si è espressa riguardo una delle questioni maggiormente controverse e dibattute nel nostro paese in campo fiscale: la fittizia residenza all’estero.

Nel merito della controversia il collegio giudicante si è pronunciato disconoscendo il trasferimento della residenza fiscale nel vicino Principato di Monaco di una contribuente. Procedendo per passi, andremo ad individuare quelli che sono i corretti adempimenti da seguire, raffrontandoli al nostro al caso specifico posto nella sentenza e vedere i punti critici che hanno portato ad una sentenza di disconoscimento della residenza fiscale all’estero.

Innanzitutto occorre fare un breve accenno agli elementi essenziali della residenza fiscale che troviamo sanciti nel DPR n.917 del 1986. L’articolo 2, co. 1 e 2 del TUIR afferma:

“Sono soggetti passivi d’imposta le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.

La residenza fiscale viene quindi riconosciuta quando per la maggior parte del periodo dell’anno, e cioè per più di 183 giorni, il soggetto soddisfa almeno uno dei seguenti requisiti:
1. è iscritto nelle anagrafi della popolazione residente;
2. ha fissato in Italia il proprio domicilio;
3. ha stabilito in Italia la propria residenza (la dimora abituale).

Nell’art 2 si rinviene una nozione di residenza fiscale assai più ampia di quella civilistica, comprendendovi sia le persone che, per la maggior parte dell’anno, sono rimaste iscritte all’anagrafe di comuni italiani, sia quelle che hanno dimorato abitualmente in Italia, sia infine quelle che hanno avuto nel territorio nazionale il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari e degli interessi economici e personali.

Il domicilio prescinde dalla dimora o dalla presenza di una persona in un luogo, esso è caratterizzato dall’elemento soggettivo dell’intenzione di costituire e mantenere in un determinato luogo il centro principale delle proprie relazioni familiari, sociali ed economiche.
Inoltre occorre menzionare un aggiornamento apportato recentemente dal nostro legislatore, di particolare importanza, ovvero Il comma 2-bis all’interno dell’articolo 2 del TUIR , che così dispone:
“si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze …”.

Si tratta di una novità di notevole portata, in quanto pone sul contribuente una “presunzione relativa” in forza della quale si andranno a considerare fiscalmente residenti in Italia, tutti cittadini italiani iscritti all’AIRE ed emigrati in paesi a fiscalità privilegiata, con la conseguenza che il contribuente avrà l’onere in caso di trasferimento in territori riconosciuti dal Ministero della Finanza a fiscalità privilegiata, di andar a fornire prova contraria, a sostengo del suo trasferimento.

A tale riguardo il Ministero dell’Economia e delle Finanze afferma che la prova contraria consiste nella dimostrazione di fatti o atti che comprovino l’effettività della situazione dichiarata (cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente) in coerenza con un reale e duraturo collegamento con lo Stato di immigrazione.

Il contribuente si vedrà cosi costretto ad utilizzare ogni più ampio mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa, atto a stabilire in particolare:
1. la sussistenza della dimora abituale nel paese fiscalmente privilegiato, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;
2. lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo stipulato nello stesso Paese estero ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
3. la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;
4. fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari pagati nel Paese estero;
5. l’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società;
6. la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.

Definiti i presupposti legali e quelli che sono gli elementi essenziali della residenza fiscale, veniamo alla vicenda di cui sopra, che ha portato alla sentenza di disconoscimento di trasferimento della residenza fiscale.

Una contribuente italiana nel 1996 ha provveduto a spostare la propria residenza fiscale nel vicino Principato di Monaco, e a prova del suo effettivo trasferimento aveva proceduto innanzitutto alla cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, con contestuale iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). In seguito a prova dell’effettivo trasferimento, aveva prodotto una serie di documenti, quali:
• il contratto di affitto;
• l’assicurazione auto;
• bollette telefoniche, gas, luce, acqua.

Secondo tale tipo di “difesa” il fatto di essersi iscritta all’Aire e di avere un appartamento in locazione all’estero sarebbe condizione sufficiente a far ritenere di avere all’estero una stabile abitazione e quindi anche la residenza fiscale.

Assunta tutta la documentazione prodotta, il collegio ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova contraria che la ricorrente potesse considerarsi residente, anche fiscalmente, nel vicino principato.

Difatti, da un’attività investigativa compiuta dall’amministrazione finanziaria, si è giunti a scoprire che nonostante il trasferimento nel principato da parte della contribuente, il resto della famiglia (il coniuge e i 2 figli) aveva mantenuto la propria residenza in Italia (Firenze) rendendo quindi presumibile che le relazioni familiari e sociali continuassero a svolgersi In Italia. Ma non solo, da ulteriori ricerche è stato evidenziato come la contribuente fosse amministratrice di ben 4 società, tutte con sede in Italia, rendendo fuori da ogni dubbio che fosse la sede principale dei suoi affari e interessi.

La Corte ha infine precisato che non potevano considerarsi prove contrarie la stipula del contratto di affitto, connaturato al suo trasferimento a Montecarlo, nè la prova dei consumi energetici, in quanto i locali possono essere utilizzati oltre che dalla conduttrice anche dei suoi familiari ed eventuale personale di servizio.

La giurisprudenza più recente…

Il consolidato orientamento di prassi e giurisprudenza afferma che l’iscrizione all’AIRE non è elemento probatorio tale da escludere la residenza fiscale in Italia, in quanto è comunque necessario soddisfare anche un requisito sostanziale, rappresentato dall’effettivo trasferimento della sede principale degli affari e interessi e della dimora abituale nello Stato estero.
Il contribuente che, pur essendosi cancellato dall’anagrafe della popolazione residente ed essendosi iscritto all’AIRE, risulti tuttavia aver mantenuto in Italia la propria dimora abituale o la sede principale dei propri affari ed interessi, si considera ugualmente residente nel territorio dello Stato.

Con una sentenza recentissima (Luglio 2018) la Cassazione si è pronunciata sull’argomento, in linea con le conclusioni della sentenza in commento. La suprema Corte, con l’ordinanza numero 19410 ha infatti affermato come fosse onere del contribuente superare la presunzione di residenza in Italia ex articolo 2, fornendo la prova che, nell’annualità oggetto di contestazione, il centro principale dei suoi affari e di interessi si collocasse effettivamente, anche in quel caso, nel principato di Monaco.

Concludendo…

L’iscrizione all’Aire non assicura dunque di essere considerato fiscalmente residente all’estero, laddove il centro concreto di interessi economico-sociali prevale invece sulla formale iscrizione nell’anagrafe residenti all’estero. La localizzazione fiscale di un soggetto in Italia deve avvenire sulla base di elementi concreti, quali:
1. Presupposto temporale: la sussistenza di un legame effettivo e non provvisorio del soggetto con il territorio dello Stato;
2. Requisito residenza: ai fini della sua stessa sussistenza assumono grande importanza sia l’elemento oggettivo della stabile permanenza, sia quello soggettivo della volontà del soggetto di rimanere in un dato luogo;
3. Requisito domicilio: esso è definito come luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. Questa locuzione deve essere intesa in senso ampio, ovvero comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari.

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